
In questi giorni riflettevo su cosa intendiamo per resilienza psicologica e in che modo la pratica meditativa può incrementare le capacità di resilienza e se può essere d’aiuto nelle grandi avversità della vita?
La resilienza è un termine inizialmente usato dalle scienze dei materiali e indica la capacità di un corpo di resistere alla deformazione dovuta ad un’aggressione e assorbirne l’energia elastica per tornare come prima.
La parola resilienza deriva dal latino ed è la sintesi di due differenti verbi SALIO, che significa rimbalzare o saltare indietro, in senso figurato non essere "toccato" da situazioni difficili, negative e INSILIO saltare su, risalire (nel medioevo descriveva l’azione del naufrago di saltare sulla barca).
Nel 1769 Antonio Genovesi nella sua opera "Delle lezioni di commercio ed economia civile", trasferisce le caratteristiche meccaniche della resilienza a qualcosa di umano, come le passioni, descrivendole come caratterizzate da elasticità "respingente". La maggiore diffusione del termine in Italia avviene intorno al 2011 grazie ai mezzi cartacei e digitali. Il termine viene contemporaneamente mutuato dalla letteratura psicologica "cavalcando" la particolare attrattiva metaforica.
Per resilienza psicologica s’intende un processo dinamico che consente all’individuo di adattarsi alle avversità, alle epidemie, ai traumi, alle tragedie, alle fonti di stress quali problemi di salute, familiari, finanziari etc. mantenendo un atteggiamento non drammatico dell’esistenza. Boris Cyrulnik, neuropsichiatra, psicoanalista, l’ha definita "l’arte di navigare nei torrenti".
Secondo la Prof.ssa Oliviero Ferraris il processo di resilienza si svolge in due tempi: in un primo momento le persone reagiscono mettendo in atto meccanismi di difesa e strategie che si usano abitualmente per dare senso all’accaduto, comprenderne i significati e i significanti, accettare il dolore e la sofferenza. In un secondo momento dopo la consapevolezza, si tenta di riorganizzare e ripartire da quello che è successo, dall’afflizione per un lutto, dalla rabbia per la diagnosi di una malattia cronica o oncologica, dai disastri ecologici.
L’ultima fase è la riorganizzazione ovvero l’attivazione della resilienza. Il processo di resilienza può trasformare le persone e arricchirle. Molti eventi della nostra vita non dipendono da noi come per esempio le pandemie, i terremoti, ma essere resilienti ci consente di avere un ruolo attivo, partecipativo per scrivere la nostra storia e quindi sviluppare accettazione e consapevolezza dell’imprevedibilità della vita nel suo umano accadere.La resilienza si sviluppa inoltre in relazione all’ambiente in un complesso rapporto reticolato sistemico e multifattoriale.
L’individuo per essere resiliente deve essere consapevole delle proprie risorse e dei propri limiti, in modo da riuscire a comprendere come "spendere" le energie, essere "duttile" e capire eventualmente quando chiedere aiuto.La psicologa Edith Grotberg nel 1955 scriveva "la resilienza è la capacità umana di affrontare le traversie della vita, superarle e uscirne rinforzati, o addirittura trasformati".Resilienza dunque non è resistenza Resistere è un verbo molto antico [dal lat. Intr. resistĕre, comp. di re- e sistĕre «fermare, fermarsi»] opporsi a un’azione, contrastandone l’attuazione e impedendone o limitandone gli effetti. Indica quindi uno stato in cui si sta fermi e saldi.
Seguendo la metafora del naufrago che si appoggia saldamente ai bordi della barca lasciandosi trascinare.
Resistere è mettere in atto forze fisiche che non mutano, non trasformano, al contrario essere resiliente è adattamento, consapevolezza e trasformazione.
Nel processo di resilienza come nella meditazione la consapevolezza ha un ruolo molto centrale perché ci consente di avere padronanza dei nostri pensieri, delle emozioni, degli stati d’animo e delle sensazioni fisiche.
La mindfulness ci aiuta ad avere più disponibilità, più profondità e una maggiore chiarezza di prospettiva nelle situazioni e negli accadimenti personali e sociali.Se ci esercitiamo a essere padroni di noi stessi ogni circostanza può risultare gestibile anche se faticosa e difficile. La presenza mentale ci fa comprendere la paura, la diversità, il nuovo, la collera e la rabbia e nello stesso tempo consente ai pensieri "intrusivi" di non essere protagonisti della nostra mente.
Possiamo paragonare la presenza mentale ad un seme e nello stesso tempo ad un frutto.La resilienza nutre e rafforza il Sé, le pratiche di mindfulness sono pratiche di resilienza perché ci indicano la strada per avere un diverso rapporto con il corpo, la mente e l’altro.
Uno degli obiettivi delle pratiche di mindfulness è quello di vedere con più chiarezza la nostra vita e il dispiegarsi nell’interrelazione con il mondo.Infine se la resilienza nutre e rafforza il Sé, la mindfulness ci spinge a divenire più pazienti e gentili con noi stessi, ci allena a coltivare l’apertura mentale e la tenacia, qualità che contribuiscono sicuramente a rendere più leggera l’attrazione gravitazionale dell’ansia e dello stress. La pratica alla meditazione ci offre semplicemente il tempo e lo spazio per scegliere il modo migliore di risolvere le nostre difficoltà dando senso e significato ad ogni atto della nostra vita quotidiana, e non solo, insomma "abitare" la vita nell’unico momento che mai ci sia dato: qui e ora.
BIBLIOGRAFIA BREVE (PER GLI INTERESSATI)
Anna Oliviero Ferraris- Alberto Oliviero (2014) Più forti delle avversità, Bollati Boringhieri Ed.- Torino;
Jon Kabat - Zinn (2004) Vivere momento per momento, TEA ed. - Milano;
Jon Kabat - Zinn (2005) Riprendere i sensi, TEA ed. - Milano;
Elena Malaguti (2005) Educarsi alla resilienza. Come affrontare crisi e difficoltà e migliorarsi, Erickson-Trento;
Enciclopedia TRECCANI
https://accademiadellacrusca.it/